Ciompi e comunismo

Quando nella Firenze medievale vi fu il primo caso di una rivoluzione a stampo comunista

Il medioevo, quei secoli bui nei quali scomparve qualunque barlume di ragione e pensiero, oppure no? come può un’ideologia caratterizzante del 20° secolo trovare spazio in una simile epoca? tutto inizia nell’Italia dei comuni per esser più precisi a Firenze nel 1378.

Principale città Toscana, centro di commercio e luogo di nascita delle prime banche, Firenze si impone come una delle principali potenze italiane, tutto ciò in parte garantito dall’alta produzione del settore tessile il quale sarà in seguito elemento principale nella cosiddetta rivolta dei ciompi, ma prima di ciò è necessario precisare alcuni elementi.

Come molti altri comuni italiani a Firenze vigeva il modello socio-economico del corporativismo; ovvero un sistema nel quale i lavoratori sono suddivisi in base alla propria attività lavorativa nelle cosiddette arti:

  • Arti maggiori: mercanti, banchieri, proprietari di grandi tenute manifatturiere
  • Arti minori: bottegai, fabbri, lanieri ecc…

Ogni arte elegge un suo magister(maestro) come rappresentate, il quale a sua volta elegge insieme alle alte arti le principali cariche istituzionali del comune esercitando così la propria influenza politica. Naturalmente le arti maggiori avevano un potere ben più ampio in quanto alcune arti minori finivano per essere dipendenti di quelle maggiori, es: i fabbri senza i mercanti di ferro e armi possono far ben cono.

A queste arti andavano ad aggiungersi i cosiddetti proletari ovvero coloro che venivano pagati a stipendio (salariati) per lavorare all’interno di botteghe e che a differenza degli appartenenti alle arti non possedevano la proprietà dei mezzi coi quali lavorano. Portandoli di conseguenza ad esser totalmente dipendenti dal proprio magister ,in quanto senza di lui il proletario si troverebbe senza le capacità per lavorare. A questo va ad aggiungersi la mancanza di rappresentanza politica nonostante la maggioranza degli abitanti fiorentini appartenesse a tale ceto sociale, portando il potere ad essere concentrato su un gruppo ristretto di soggetti, certo non al livello di Nicola II, ma ad un certo gruppo di abitanti tale sistema non era gradito.

I ciompi, salariati addetti alla pettinatura e cardatura della lana, in una città dove il settore tessile era al centro dell’economia occupavano gran parte della popolazione cittadina, ma nonostante ciò si vedevano negata qualunque rappresentanza politica portando così ad una rivolta popolare nel 1378 con un unico obiettivo; portare alla creazione di tre arti rappresentanti i ciompi, i tintori e i sarti. Per realizzare ciò venne occupato il palazzo dei priori permettendo così l’elezione a gonfaloniere di giustizia di Michele di Lando (capo della fazione dei ciompi), garantendo in questo modo il controllo del potere da parte del proletario, ma il sogno avrà vita breve.

A causa di capacità politiche che non andavano oltre l’organizzazione della rivolta Michele di Lando si trovò ben presto isolato dai ciompi e incapace di gestire la fitta rete di rapporti necessari per la gestione della repubblica, risultando così in un ritorno al potere da parte della vecchia aristocrazia che immediatamente cancellerà i pochi progressi realizzati dalla rivolta.

Ciò che potrebbe sembrare inizialmente una rivolta (pure di scarso successo) come tante altre risulta invece portatrice di ideali che verranno formalizzati oltre mezzo millennio dopo, un proto comunismo di una classe che attraverso un vago marxismo tenta l’impossibile, non renderli più soggetti ad un superiore non per carica e prestigio ma per la semplice proprietà dei loro mezzi di produzione.

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